US Open: Osaka domina Gauff 6-3 6-2 e torna ai quarti

Osaka travolge Gauff e torna ai quarti

Bastano poco più di sessanta minuti a Naomi Osaka per chiudere i conti sull’Arthur Ashe: 6-3 6-2 a Coco Gauff e primo quarto di finale in uno Slam dal 2021. Il punteggio dice tanto, i numeri ancora di più: 15 punti vinti su 16 con la prima palla, 4 palle break convertite su 4 create, nessuna chance concessa in risposta all’americana numero 3 del seeding. Una lezione di ordine, tempi e scelte.

Il match prende una piega chiara dai primi game. Osaka impatta la palla presto, toglie ritmo allo scambio e si costruisce il punto con il classico schema servizio-diritto. Quando Gauff prova ad alzare i giri, le traiettorie di Osaka restano basse e tese. Sembra tutto semplice, ma è solo precisione: poche sbavature, percentuali altissime, zero regali nei momenti che contano.

La cartina al tornasole è la risposta. Gauff, che vive di aggressione e campo guadagnato, non trova profondità sulla seconda di Osaka e resta spesso inchiodata dietro la riga. In più, la 20enne statunitense mette sul piatto 33 errori non forzati, specchio di una giornata storta e di scambi quasi sempre in salita. Dall’altra parte, Osaka non strafà: 8 vincenti, ma tantissimo controllo e la capacità di costringere Coco a colpire fuori equilibrio.

Quando l’inerzia vira, l’americana tenta di cambiare con variazioni e qualche sortita in avanti. Funziona a sprazzi, mai quando servirebbe. Il dato che taglia il match come un rasoio? Gauff non costruisce neppure una palla break. Se non metti pressione alla battuta di Osaka, la partita diventa una scalata senza appigli.

Gauff cerca risposte sulla battuta, Osaka ritrova il killer instinct

Gauff cerca risposte sulla battuta, Osaka ritrova il killer instinct

Nel dopo partita Gauff non si nasconde: “Ero davvero delusa. Mi sono sfogata con il mio team. Poi, sentendo le loro prospettive, ci sono anche molte cose positive”. La più tangibile è il servizio. Prima di New York ha cambiato rotta nello staff: stop con Matt Daly, dentro il biomeccanico Gavin MacMillan per correggere la meccanica. Il lavoro è fresco, ma qualche segnale si è visto. “Se avessi continuato come a Cincinnati, sarei uscita al primo turno. Dall’inizio del torneo a oggi la battuta è migliorata parecchio”, ha spiegato.

MacMillan, che ha collaborato anche con giocatori di vertice come Aryna Sabalenka, lavora su angoli, postura e rilascio del braccio. L’obiettivo è semplice: rendere la prima più affidabile e la seconda meno attaccabile. A questi livelli, dieci centimetri di altezza di palla o un tempo di spinta sballato cambiano una partita. Contro Osaka, però, la differenza l’ha fatta soprattutto la qualità in risposta della giapponese, che ha letto la direzione e accorciato i tempi in modo chirurgico.

Per Osaka, questo è il passaggio che cercava da mesi. Due volte campionessa allo US Open, mancava dai quarti in uno Slam da quattro anni. Non c’è stato trionfalismo, niente gesti plateali: tante occhiate all’angolo, una routine pulita tra un punto e l’altro, e quella sensazione di controllo che l’ha sempre contraddistinta nei suoi periodi migliori. Gli analisti l’hanno ricordato: quando Osaka raggiunge i quarti in un Major, spesso spinge fino in fondo. Non è una garanzia, ma è una tendenza che pesa.

L’elemento mentale, più della velocità di palla, è il suo vero upgrade. Nei breakpoint ha giocato corto, al corpo, togliendo lettura a Gauff. Nei 15 punti vinti su 16 con la prima c’è tanto timing, ma anche scelte di direzione che hanno mandato fuori giri la statunitense. È tennis percentuale, quello che ti fa uscire da giornate complicate e travolgere match come questo.

Ora la sfida ai quarti con l’11esima testa di serie, Karolína Muchová. Avversaria di grande tocco, capace di cambiare ritmo, usare lo slice di rovescio, venire a rete e non farsi ingabbiare sullo scambio piatto. La chiave? Proteggere il servizio e spezzare i tempi con la risposta. Se Osaka tiene la prima vicina alle righe e prende il centro del campo col diritto, impedirà a Muchová di impostare il suo tennis di variazione.

Il contesto, New York: umidità, serate che si allungano e rimbalzi che cambiano tra sessione diurna e notturna. Sono dettagli, ma decidono le partite. La versione vista sull’Arthur Ashe è quella che mette in riga il tabellone. Non serve stravincere lo scambio, basta governarlo. E qui Osaka ha governato tutto: ritmo, geometrie, nervi.

Per Gauff resta un torneo da cui salvare qualcosa. Il servizio in crescita, soprattutto. Anche la capacità di rimanere in partita quando le cose non vanno, senza sfilacciarsi. Ma il margine con Osaka oggi è stato netto: per accorciarlo servirà pulizia tecnica e qualche soluzione in più nei primi colpi, per evitare di farsi imporre il copione.

In termini di classifica e fiducia, questo successo pesa tantissimo per la giapponese. Non è solo un’altra vittoria: è un mattone nella ricostruzione. I quarti rimettono sulla mappa una campionessa che vive di picchi, e quando il picco arriva a New York spesso fa rumore. Il pubblico lo ha percepito: applausi caldi, niente frenesia, la sensazione che la partita fosse in buone mani fin dall’inizio.

Ecco i numeri-chiave che hanno indirizzato la partita:

  • Risultato: 6-3 6-2 Osaka
  • Durata: poco più di un’ora
  • Punti vinti con la prima di Osaka: 15/16
  • Palle break: Osaka 4/4 convertite; Gauff 0 create
  • Errori non forzati Gauff: 33
  • Vincenti Osaka: 8

Ultimo dettaglio, tutto tranne un dettaglio: la calma. Nelle giornate in cui il servizio funziona e il piano partita è pulito, Osaka diventa essenziale e spietata. Se quel mix regge anche contro Muchová, la corsa al terzo titolo a Flushing Meadows non è più solo un’ipotesi: diventa una minaccia concreta per chiunque dall’altra parte della rete.

Commenti

Scrivi un commento